Studi Jaspersiani, Volume IV (2016), Jaspers e il Novecento

Quello cui è dedicato il quarto numero di «Studi jaspersiani», “Jaspers e il Novecento”, è un tema vasto, che chiama in gioco autori, correnti di pensiero, eventi politici, nonché la significativa storia di un secolo complesso. Proprio in virtù di questa complessità abbiamo inteso analizzare il rapporto tra Jaspers e il “secolo breve” secondo due direttrici: l’eredità che Jaspers ha raccolto, insieme con la realtà nella quale si e trovato ad operare e a farla agire, e l’eredità che ha lasciato. Su questa eredità si è tornati a riflettere nei decenni successivi alla sua morte e ancora oggi si continua a riflettere, forse con maggiore liberta rispetto agli anni ancora troppo segnati dalle vicende della guerra e dalle polemiche cui Jaspers diede vita per il suo atteggiamento spesso provocatorio: dallo scritto sulla questione della colpa, alla decisione di abbandonare la Germania, fino ai suoi attacchi al marxismo e alla corrente freudiana. Di qui, dunque, la scelta di riprendere il rapporto tra Jaspers e il Novecento nei due sensi, tra sguardo sul passato e apertura sul futuro. Per un verso abbiamo perciò cercato di cogliere all’interno dell’opera jaspersiana l’elaborazione di vicende del secolo scorso, tanto sociali e politiche quanto intellettuali. In questo senso sono venuti in primo piano anche momenti di contatto e influssi reciproci con altri importanti pensatori, quali Heidegger, Arendt, Weber, Dilthey, Husserl. Per l’altro verso, ci siamo proposti di delineare le tracce di una aggiornata Wirkungsgeschichte della riflessione jaspersiana, individuando aree e direzioni della sua incidenza e per cosi dire “presenza” all’interno dei vari ambiti del sapere (scienza, filosofia, politica), connesse con le possibili prospettive che si aprono sul nostro futuro. La figura di Jaspers che alla fine ne è emersa e quella di mediatore di grandi temi della modernita matura – dall’ideale humboldtiano di università a quello goethiano di Bildung. La ricchezza dei contributi si riunisce intorno a tre nuclei fondamentali. Un primo nucleo riguarda la ricezione jaspersiana di motivi e nodi teorici la cui formulazione e connessa con linee di pensiero caratteristiche degli ultimi decenni dell’Ottocento e degli inizi del secolo scorso, e che, anche grazie all’originale elaborazione operatane da Jaspers, risultano proiettati nel cuore del Novecento (dallaMethodendebatte alla discussione attorno alla nozione di Weltanschauungal difficile rapporto di logos e episteme, solo per menzionarne alcuni). Il secondo nucleo riguarda tematiche e acquisizioni che hanno segnato in ampia misura il contributo jaspersiano al dibattito filosofico, etico-politico, psichiatrico novecentesco: tra le altre, l’idea della libertà, il progetto della Bildung, la politica come autoeducazione, il valore irriducibile della soggettività. Una terza “area”, infine, ripercorre il rapporto del pensiero jaspersiano con grandi autori del Novecento, talvolta anche da lui distanti (accanto a Arendt e Heidegger, Severino, Gilson, Adorno, James).

NOTA: Qui di seguito sono disponibili gli Abstract di tutti gli articoli. Premesse, abbreviazioni, note e recensioni possono essere lette gratuitamente. Gli articoli possono essere acquistati singolarmente in formato digitale pdf.
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Mentre una intera generazione di pensatori, gli “intellettuali della crisi”, e convinta di vivere in una civilta oramai spenta e incapace di poter produrre nuove idealita e rinascite, Edmund Husserl e Karl Jaspers, a dispetto di quel tempo «sedotto dagli ideali dell’agire e della tecnica», ritengono che l’Europa non sia la terra di una civilta “al tramonto”. Se l’abuso della facolta razionale aveva portato al tramonto dell’Occidente e ad uno scetticismo incapace di tensione alla trascendenza e ad una cieca fede nella scienza e nella tecnica, il ritorno all’ideale greco di Humanitas e a un logos, inteso come principio unificante e non mortificante della stessa esistenza, come una attitudine critica capace di gettare lo sguardo oltre la crisi, consente di trovare le motivazioni con cui l’Europa si sarebbe potuta salvare dalla sua stessa fine. Tuttavia mentre la Krisis si sofferma sul ruolo di guida dell’Europa, Jaspers rilancia l’idea di una sua rinascita in una prospettiva mondiale. Se l’ideale di Bildung, intesa come una formazione permanente al rispetto della propria e altrui liberta, e cio verso cui tendere, acquisire un respiro mondiale significa auspicare una forma di alleanza e solidarieta fra i popoli, sostenendo nuove forme di federalismo, il “nuovo ordine mondiale”, in grado di scongiurare il pericolo di nuove guerre. Dopo la “fine” di una storia mondiale a la Hegel, di ogni possibile storia guidata da un’idea di sviluppo e di continuita proprie di un’eta di positivismo della ragione, Jaspers auspica l’inizio di una nuova storia dell’umanita, in cui la difesa in ogni consesso umano da forme di totalitarismo e fanatismo passa attraverso l’appello alla istanza sovra-politica della ragione, intesa come capacita discorsiva, come libera attitudine critica, volta a superare i limiti dell’intelletto per aprirsi alla trascendenza.

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 Il contributo presente segue, in Jaspers, lo svolgersi di un motivo che sta a fondamento dell’intero arco della sua riflessione: l’idea secondo cui un pensiero fondamentale deve intrecciare un nesso organico fra comprendere e spiegare, avendo la filosofia il compito non di costituirsi in alternativa alla scienza, ma di avvantaggiarsi sempre dei risultati che provengono da essa. Come declinazione particolare del problema piu generale relativo al rapporto fra scienza e filosofia, comprendere e spiegare, viene tematizzata anche la relazione che si da tra fede filosofica e fede nella rivelazione. Per Jaspers, una considerazione che voglia tenersi pienamente all’altezza dei contenuti della fede biblica deve coglierli si a livello non-oggettivo, ma senza mai abbandonare del tutto il livello oggettivo, per riuscire, solo in tal modo, a scorgere in essi la dimensione della cifra: dimensione di cui si puo dare solo lettura, interpretazione, approfondimento incessante.

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Il presente contributo intende avanzare una proposta di lettura riguardante il concetto di “male” nell’opera di Jaspers Della verita, pubblicata nel 1947, ma concepita a partire dagli anni 30: la filosofia della verita si configura come una risposta radicale al male presente nella vita dell’autore negli anni del regime nazista. Dunque, dopo una breve introduzione (I.), forniro una descrizione generale della situazione della vita di Jaspers in quegli anni, dato che, per Jaspers, la biografia personale e la filosofia devono andare di pari passo (II.). Successivamente dedichero alcune considerazioni piu estese al concetto di male, mostrando che questo risulta profondamento connesso agli eventi storici del XX secolo (III.). Per far cio mi concentrero particolarmente sui concetti di “male radicale” e di “male infernale” in quanto manifestazioni di un male “incomprensibile” che si trova al cuore delle cose stesse. La tesi principale e che, per poter comprendere il male nel XX secolo, c’e bisogno di un approccio epistemologico (e non, o non solo, morale o etico) alla questione di cosa il male sia. Nell’ultima parte (IV.), tentero di dimostrare questa interpretazione attraverso una lettura ravvicinata di alcuni passaggi tratti da I fratelli Karamazov di Dostoevskij, un libro che rappresenta – sebbene scritto nel 1880 – un importante riferimento che aiuta Jaspers a pensare filosoficamente il male del suo tempo.

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 In questo testo si torna sulla tematizzazione jaspersiana del concetto di Weltanschauung, per analizzare alcuni snodi centrali che la connettono criticamente a istanze provenienti dalla fenomenologia e dalla cosiddetta filosofia della vita. Fin dalle sue prime opere, Jaspers subisce gli influssi di queste due correnti di pensiero, rielaborandoli in una prospettiva personale. In particolare, gli ambiti teorici messi a fuoco secondo questa linea interpretativa sono i seguenti: la questione della struttura psichica; il significato dell’oggettivo e dell’oggettivazione; la domanda circa la metafisica che emerge dalla Psychologie der Weltanschauungen; il rapporto tra Weltanschauung e filosofia. Nell’affrontare tali questioni, Jaspers si muove lungo una linea teorica costante, che e quella di una considerazione della vita e dello spirito intesi come dimensione infinita e inoggettivabile.

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Il contributo intende ‘far reagire’ la teoria critica di Theodor Adorno e l’ambiguita produttiva della prima filosofia jaspersiana, sedimentata in Psicologia delle visioni del mondo. Sono discusse due tematiche. In primo luogo, entrambe le teorie si occupano del significato che la soggettivita viene assumendo nella sua trascrizione nel campo epistemico psicologico e mettono in evidenza una nozione di «realta psicologica», in cui e implicato il “potere dello psichico” di debordare oltre i propri limiti – cio che e posto da Jaspers a base delle connessioni psicopatologiche, ma dischiude, alla luce delle riflessioni adorniane, alcuni aspetti delle forme di vita della tarda modernita. In secondo luogo, puo rilevarsi una certa prossimita tra il “pensiero della scissione” di Jaspers e la critica adorniana filosofia dell’identita, quale e contenuta gia nelle nozioni di “allegoria” e “pensiero storico-naturale”, elaborate da Walter Benjamin e riprese dallo stesso Adorno. In effetti, nella misura in cui opera il dislocamento della verita e validita dal piano della metafisica a quello della visione del mondo, la «scissione soggetto-oggetto» pare mettere in discussione la sovranita del pensiero in quanto prima philosophia. D’altro canto, dalla prospettiva propria della teoria critica si puo discutere in che misura l’antinomia della vita concepita da Jaspers non tenda nuovamente a ipostatizzare l’anima di fronte all’ente spazio-temporale.

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Die Schuldfrage e uno degli scritti piu famosi di Karl Jaspers. Con esso il filosofo si ripresenta sulla scena pubblica dopo gli anni del forzato silenzio impostogli dal regime nazionalsocialista, e lo fa affrontando uno dei temi piu spinosi della discussione politico-culturale del tempo. Con le sue accurate riflessioni sulla ‘situazione spirituale della Germania’ e sui quattro tipi di colpa egli agisce 1) da cittadino tedesco; 2) da filosofo etico-pratico; 3) da intellettuale politico. Per il valore intrinseco dello scritto e per il significato che esso ha assunto nel percorso filosofico-politico di Jaspers, si e soliti considerare la Schuldfrage come l’opera che inaugura la fase matura del suo pensiero politico, il quale ha fatto dell’esperienza della dittatura e del totalitarismo l’imprescindibile premessa ex negativo di ogni riflessione costruttiva sulla politica. Proprio l’esperienza totalitaria, infatti, ha insegnato al filosofo a valutare tanto l’irrinunciabilita della politica quanto l’irrinunciabilita che la politica sia l’oggetto di una cura individuale di connotazione etica rispetto alla quale ogni cittadino sia non solo parte e fruitore, ma anche artefice consapevole e responsabile. Partendo dallo scritto sulla colpa, il contributo si propone di tratteggiare i contenuti della maturata consapevolezza politica di Karl Jaspers, la quale, muovendo da evidenti premesse filosofiche, mostra una forte aspirazione antropocentrica nella misura in cui fa dell’uomo e della realizzazione del suo valore costitutivo, la liberta, la misura e il fine di ogni politica. L’ambizioso e severo “sguardo del filosofo sul Novecento” diventa cosi il punto di partenza per un nuovo sguardo sul futuro.

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Giovane psichiatra, Karl Jaspers scrisse nel 1913 la Psicopatologia generale: le particolari condizioni di lavoro nella clinica universitaria e l’influenza scientifica di Max Weber e del movimento neokantiano ad Heidelberg lo aiutarono ampiamente a dar forma ad un classico di metodologia della psichiatria moderna. L’articolo delinea tali circostanze storiche, prima di concentrarsi sull’impatto decisivo che il successivo pensiero filosofico ebbe sull’elaborazione dell’edizione ampliata della Psicopatologia generale. Quest’ultima edizione fu redatta durante la seconda guerra mondiale, negli anni dell’emigrazione interna, quando a Jaspers non fu consentito di pubblicare opere filosofiche. Cosi egli colse l’opportunita di integrare idee centrali della sua filosofia dell’esistenza all’interno di un libro di psichiatria. Quanto ne e risultato, una sezione totalmente nuova su “L’essere umano come un tutto”, puo essere considerato una antropologia psichiatrica con profonde premesse filosofiche. L’idea guida di liberta e rintracciata nei piu rilevanti pensatori che Jaspers menzionava nella Psicopatologia generale quali fondatori dell’antropologia: Socrate, Agostino, Pascal, Kant e Nietzsche. Questi contribuiscono tutti, in modi differenti, al configurarsi di aspetti critici ed entusiastici dell’antropologia psichiatrica jaspersiana, malgrado le loro tendenze metafisiche divergano significativamente. D’altro canto, essi trovano le loro radici nella tradizione antica e ebraico-cristiana.

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 Il concetto di Achsenzeit assume, nella trattazione filosofica di Karl Jaspers, prospettive diverse che s’accentrano, spesso, su un’indagine esistenziale che va oltre il resoconto della storia della filosofia per mostrare le specificita di ogni autore di fronte alle piu grandi sfide del suo pensiero-esistenza. Tale orientamento esistenziale traccia, quindi, dei percorsi all’interno della storia di ogni pensatore, al fine di restituire la portata sovrastorica e sovratemporala del suo operato. La trattazione del pensiero confuciano, in particolare, mette in evidenza tutta l’incertezza relativa alla reale esistenza di Confucio ma, al tempo stesso, ne delinea quei tratti peculiari che si rivelano tali da modificare profondamente le esistenze dei suoi allievi che scriveranno i Dialoghi ispirandosi ai suoi detti e alle sue azioni.

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Il contributo proposto intende mettere a fuoco i capisaldi metodologici della storiografia filosofica  jaspersiana, quale viene sviluppata nell’opera I grandi filosofi, nella convinzione che  rappresenti uno dei modelli teorici piu interessanti della storiografia filosofica novecentesca.  Gli elementi qualificanti il quadro delineato da Jaspers discendono dalla definizione dei  concetti cardine della sua filosofia, quali la polarita tra esistenza e ragione, il superamento  dell’alternativa tra dogmatismo e scetticismo nella definizione della verita, il radicamento  esistenziale di ogni sintesi filosofica. Il mio lavoro intende discutere i connotati piu schiettamente  storiografici che derivano da queste premesse, e in primo luogo l’atteggiamento del  filosofo nei confronti della storia della filosofia tradizionalmente intesa, in entrambe le sue  versioni, filologica e speculativa. Jaspers rifiuta nettamente una visione della storia della  filosofia quale sapere realistico basato sulla ricostruzione di nessi e connessioni oggettive.  Né il filosofo accetta una visione speculativa della storia della filosofia di stampo hegeliano,  perché convinto che nessuno possa dominare la storia “dall’alto”, delineandone il processo.  La chiave metodologica dell’approccio jaspersiano alla storia della filosofia risulta dunque  centrato su una “soggettivita” che non deve intendersi quale mera relativita, ma piuttosto  come l’unica possibilita di comprensione autentica dei filosofi del passato alla luce dell’interesse  teorico dell’interprete, necessariamente coinvolto a livello esistenziale nella ricerca.  In questo quadro verra analizzato in particolare il nesso che si viene a costituire tra la personalita  e la storia, secondo una duplice declinazione: oggettiva, vale a dire riguardante il  rapporto tra le personalita dei “grandi” filosofi e il loro tempo, nel quale si collocano e oltre  il quale si proiettano; soggettiva, legata alla relazione che la soggettivita dell’interprete instaura  con i filosofi del passato, attraendoli nel proprio contesto esistenziale e problematico.

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Insieme con Platone, Jaspers e persuaso del fatto che la filosofia e la politica non siano da  separare, e che la salvezza degli Stati e degli uomini nello Stato possa darsi solo a patto  che la politica divenga essa stessa filosofica, non pero, come in Platone, attraverso una  educazione filosofica dei governanti in uno Stato totalitario, ma grazie alla reciproca  autoeducazione di tutti i cittadini all’interno di una democrazia. L’articolo delinea le ragioni  che hanno condotto Jaspers ad una simile convinzione e mostra le conseguenze che ne  risultano per la comprensione della filosofia, della conduzione dello Stato, e in particolare  della politica e dell’educazione. Al centro dell’indagine sono i concetti di conversione, del  sovra-politico e della ragione; ne risulta rischiarato il ruolo degli uomini di Stato e dei professori  di filosofia all’interno del discorso pubblico e della pedagogia nelle scuole pubbliche.  Alla base dell’articolo e la speranza di rendere chiara, in un dialogo critico con l’autore,  l’attualita, anche per l’oggi, della concezione jaspersiana dello Stato e dell’educazione.

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Attraverso gli scritti e i discorsi che Jaspers elabora negli anni successivi alla fine della  seconda guerra mondiale, questo contributo intende presentare le linee di un suo articolato  ed originale progetto di Bildung. E la figura eccezionale di Goethe a costituire un punto  di riferimento ineludibile, come in quegli anni altri filosofi – da Benjamin a Scheler,  da Stein a Cassirer – avevano provato a reinterpretare, alla luce dei nuovi eventi storici.  Lungi dal rappresentare solo un generico tentativo di riscossa morale dopo la catastrofe tedesca,  la Bildung jaspersiana sara anche in seguito sviluppata e approfondita, segno che le  intenzioni del filosofo punteranno costantemente alla costruzione di un nuovo umanesimo  occidentale, capace di neutralizzare le spinte distruttive del nascente nichilismo europeo.

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Il saggio esamina la discussione avvenuta agli inizi degli anni Venti del secolo scorso tra  Jaspers e il giovane Heidegger a proposito della Psychologie der Weltanschauungen  (1919). Viene ricostruito il contesto storico in cui si inseriscono le critiche di Heidegger e  viene mostrato in che misura il libro di Jaspers abbia influito positivamente sull’evoluzione  in senso ontologico della sua filosofia.

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Il presente saggio trae spunto da una serie di riflessioni di Karl Jaspers sull’opera di William  James, relative alla descrizione e all’analisi di alcune esperienze psicopatologiche, come  le alterazioni della percezione e gli stati di allucinazione presenti sia nelle comuni patologie  psichiche, sia in molte esperienze di tipo mistico. L’ipotesi ermeneutica del presente saggio riguarda  il confronto tra il periodo del pensiero jaspersiano, che si puo definire “fenomenologico”  (gli anni dieci del secolo scorso) e lo James di The Varieties of Religious Experience, di cui  e considerata una peculiare tonalita, la sua caratterizzazione per cosi dire “fenomenologica”.

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Cosa possono condividere due filosofi del Novecento cosi diversi per biografia, formazione,  pensiero e prospettive come Karl Jaspers ed Étienne Gilson? Il primo di formazione scientifica  e psichiatrica approda alla filosofia insoddisfatto dell’“oggettivismo” delle scienze, in quanto  oblia l’esistenza; il secondo sceglie la filosofia quale suo campo di ricerca ed in particolare compie  un lavoro di “riabilitazione” della filosofia medievale, in cui scopre l’originalita della metafisica  “esistenziale” di Tommaso d’Aquino. Appartenendo allo stesso turbolento periodo storico,  hanno assistito alla caduta del paradigma moderno nella follia delle ideologie e nella catastrofe  delle Guerre mondiali. In questo panorama, per vie diverse hanno ripensato i binari di un  pensiero, animato fino ad allora da una ragione totalizzante e hanno indicato alternative che  potessero evitare la facile fuga nel nichilismo. Non e un caso che entrambi siano stati refrattari  a quella filosofia accademica insegnata nelle Universita e non e altresi un caso che entrambi si  sono sforzati di riabilitare, proprio all’interno del dibattito filosofico, termini come esistenza e  trascendenza. Ancora li avvicina l’attenzione alla storia della filosofia e l’attitudine metafisica  con cui guardano all’esercizio filosofico. Ed e proprio in ambito metafisico che si possono scoprire  interessanti assonanze. C’e tanta distanza tra la filosofia dell’Umgreifende e quella dell’actus  essendi, ma c’e anche tanta affinita proprio nella considerazione dell’essere che non puo essere  raggiunto e stritolato da una ragione calcolante, ma solo indirettamente attraverso un pensiero  che rinunci alla concettualizzazione dell’esistenza, lasciandola quale via per poter “toccare”  quel fondo originario da cui tutto scaturisce. Se Jaspers distinguera tra spiegare e comprendere,  Gilson prendera la distanza dal pensiero logicizzante attraverso l’emersione del giudizio  d’esistenza e l’attenzione all’esperienza sensibile, alla realta. Scaturisce un richiamo “etico”  implicito, da parte di entrambi, al rispetto della trascendenza della realta, mettendo in atto un  pensiero altro rispetto a quello logico, che sia capace di cogliere l’essere senza ridurlo ad essenza,  a concetto. Siamo consci a questo punto che gli epiloghi non possono che essere necessariamente  diversi, ma ci interessa mostrare le assonanze quali testimonianze di una “vocazione comune”  di due filosofi cosi diversi, ma allo stesso tempo, cosi impegnati nel mostrare una metafisica  volta al concreto, capace di comprendere e bilanciare ragione ed esistenza.

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Lo scopo del saggio e d’istituire un confronto tra il pensiero di Karl Jaspers e quello di  Emanuele Severino circa il tema della “trascendenza”, nell’intento di chiarire i caratteri  della lettura severiniana di uno dei concetti chiave del pensiero jaspersiano. Tale lettura  presenta due momenti distinti, in connessione alle due fasi principali del pensiero di  Severino. Com’e noto, nella prospettiva che e tipica di Jaspers, della Trascendenza si puo  parlare in modo filosoficamente appropriato soltanto in relazione al correlativo concetto di  Esistenza. In un primo momento, l’interpretazione severiniana mette in luce che – analogamente  a quanto si deve dire per Heidegger – l’esistenzialismo in Jaspers si definisce non  per il restringersi del filosofare alla sfera dell’Esistenza, ma per la sua modalita specifica  di parlare dell’Intero dell’essere secondo la prospettiva che e costituita dall’Esistenza. Nella  fase successiva, invece, Severino si propone di mostrare il nesso che lega i concetti di Trascendenza  ed Esistenza con il tema per lui oramai decisivo del “divenire” degli enti e della  concezione nichilistica dell’essere che vi e implicata. Nelle conclusioni del saggio l’autore  allarga ulteriormente l’orizzonte del confronto tra i due pensatori e pone la questione se la  verita originaria in sede filosofica sia quella dell’Esistenza, oppure se la “verita esistenziale”  debba fare riferimento alla verita originaria dell’Essere metafisico.

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Questo testo si concentra sulle idee e gli argomenti che Karl Jaspers e Hannah Arendt si  sono scambianti nella loro corrispondenza epistolare sul processo Eichmann e sulla posizione  di Jaspers relativa alla pubblicazione arendtiana Eichmann in Jerusalem, la quale  scateno una vera e propria tempesta di critiche.  Soffermandomi, in un primo momento, sulle lettere anteriori al processo del 1961 e su  quelle scritte “in diretta”, cerco di mostrare non solo i sentimenti dei due amici circa  l’importante evento storico e cio che a livello personale li tocca piu da vicino, ma anche  di presentare le tesi storiche e politiche, ovvero filosofiche, dell’uno e dell’altra quanto, ad  esempio, all’opportunita che il processo abbia luogo in Israele o al rapporto tra Israele e l’ebraismo  o, ancora, all’interpretazione universalista e singolarista di questo caso giuridico.  In un secondo momento, mi soffermo invece su quelle lettere che testimoniano il crescendo  della critica al libro della Arendt per mostrare la posizione ancora incerta, esitante di Jaspers  nei confronti di quelle pagine, per poi arrivare ad analizzare la sua determinazione  nella difesa dell’amica in un’intervista del 1965. Ma questo percorso si giustifica non tanto  al fine di sondare fino a che punto l’amicizia dell’uno resta fedele e salda nel momento di  estrema fragilita dell’altra, quanto, per mostrare come Karl Jaspers abbia forse condiviso il  pensiero della scrittrice Mary McCarthy secondo la quale Eichmann in Jerusalem non e  altro che un «documento di responsabilita etica».

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Nonostante le differenze esistenti tra le prospettive filosofiche di Jaspers e Heidegger, e  possibile riscontrare alcuni motivi di fondo comuni alle loro riflessioni sulla trascendenza.  In primo luogo, il trascendere dell’esistenza identifica un modo di comprendere e fare  esperienza che e tendenzialmente un movimento non oggettivante. In secondo luogo, nelle  prospettive di entrambi gli autori viene in luce la centralita della dimensione “patica”:  l’apertura della “situazione emotiva” e la forza propulsiva dell’amore originano e alimentano  il trascendere. Inoltre, i due filosofi sono concordi nell’individuare la direzione del  movimento trascendente nella sfera multidimensionale dell’essere. Se e vero che Heidegger, a differenza di Jaspers, non include in modo esplicito la realta divina nell’ambito cui si  rivolge il trascendere, nondimeno considera la fede una possibilita esistenziale fondata  nella trascendenza dell’esserci ed anzi resa possibile da quest’ultima. Infine, l’analisi di  entrambi gli approcci filosofici permette di concludere che il trascendere non e mai attuato  dal singolo isolatamente, ma puo essere realizzato solo in comune. L’uomo, pertanto, non  puo divenire consapevole dell’essere e di Dio al di fuori del rapporto con l’altra esistenza.

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Karl Jaspers, Della verità. Logica filosofica (Claudio Fiorillo)

Oreste Tolone, Alle origini dell’antropologia medica. Il pensiero di Viktor von Weizsäcker (Mariafilomena Anzalone)

Louiss A. Sass, Follia e modernità. La pazzia alla luce dell’arte, della letteratura e del pensiero moderni (Giuseppe Maccauro)

Paul Ricoeur e “les proches”. Vivere e raccontare il Novecento, a cura di Vinicio Busacchi e Giovanna Costanzo (Emma Ghersi)

Nota di Anton Hügli, Edizione commentata dell’opera completa di Karl Jaspers (estate 2016)

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