Studi Jaspersiani, Volume VII (2019), Psicologia delle visioni del mondo 1919-2019

Psicologia delle visioni del mondo

Nel 1919 Karl Jaspers pubblica la prima edizione della Psicologia delle visioni del mondo. Un testo lungo e difficile, che risente della sua natura di opera di passaggio dalla psicopatologia alla psicologia e quindi alla filosofia. Pur recepita, al momento della sua pubblicazione, con grande interesse, essa è rimasta poi a lungo tra le opere più trascurate dell’intera produzione jaspersiana. A cento anni di distanza, la Rivista di Studi Jaspersiani ha perciò deciso di dedicare un numero monografico a questo lavoro, affrontandolo con la consapevolezza storica della distanza, con l’obiettivo di rivelarne le potenzialità nel dibattito contemporaneo.

Nella Psicologia delle visioni del mondo, Jaspers propone una analisi delle visioni del mondo, sulla base della crescente centralità che esse avevano assunto da Kant a Dilthey, e riflette sul tema dell’intuizione come forma di conoscenza, in grado di rendere conto di un sapere non immediatamente riconducibile alle categorie cognitive classiche. La Weltanschauung risponde infatti per il giovane psicologo all’esigenza del soggetto di rapportarsi ai fenomeni della conoscenza non attraverso un procedimento analitico, ma rispondendo all’esigenza di totalità, servendosi proprio dell’intuizione. Jaspers pone così le basi della sua successiva riflessione sulla filosofia dell’esistenza che lo porterà a riformulare l’idea di conoscenza e di filosofia proprio a partire dalla messa in discussione dei limiti dei saperi positivi (necessari ma non sufficienti) nella comprensione dell’uomo come Existenz. Quest’opera è quindi il risultato della capacità di Jaspers di cogliere con la finezza ermeneutica dello psicologo, i grandi nuclei tematici propri del pensiero, rielaborando e dando nuova vita a concetti e categorie classici. A dispetto della sua forma magmatica, la Psicologia delle visioni del mondo si presenta dunque come un’opera estremamente ricca e feconda, anticipatrice di molte delle nozioni jaspersiane più mature e allo stesso tempo precipitato delle molte conoscenze acquisite dal giovane psicopatologo all’interno del panorama filosofico e scientifico a cavallo tra Ottocento e Novecento.

I saggi raccolti in questo volume discutono i temi essenziali che innervano la riflessione jaspersiana sulle visioni del mondo secondo due direttrici: l’eredità che Jaspers ha raccolto e l’eredità che ha lasciato. Gli studiosi che hanno contribuito alla realizzazione di questo fascicolo ripercorrono il filosofare di Jaspers mostrando, da prospettive diverse ma convergenti, lo spessore di quest’opera, mettendo in evidenza l’ampio strumentario filosofico e psicologico che essa offre al lettore contemporaneo.

NOTA: Qui di seguito sono disponibili gli Abstract di tutti gli articoli. Premesse, abbreviazioni, note e recensioni possono essere lette gratuitamente. Gli articoli possono essere acquistati singolarmente in formato digitale pdf.
Il volume cartaceo può essere acquistato qui.

Il saggio si articola in tre sezioni. Nella prima sezione vengono brevemente presentati l’ambito della psicologia delle visioni del mondo, la sua metodologia, le sue fonti. Proprio nella determinazione del principio dell’ordinamento delle visioni del mondo, costituito dal rapporto di distinzione di soggetto e oggetto, appare un primo riferimento al “mistico” come unica esperienza di superamento della scissione soggetto-oggetto e immediata adesione all’Assoluto. La seconda sezione muovendo dalla distinzione della realtà psicologica in atteggiamenti verso il mondo, immagini del mondo, e tipi spirituali, si sofferma sull’analisi dell’atteggiamento mistico per la cui descrizione Jaspers si riferisce in particolare al pensiero di Meister Eckhart. La terza sezione è dedicata alla più ampia trattazione della mistica che si trova alla fine terza parte della Psicologia delle visione del mondo – la vita dello spirito, di cui viene accennata la partizione nei due ambiti del razionalismo e del demoniaco e all’interno di questo nei tipi spirituali del realismo, del romanticismo e della santità, che sconfina appunto nella mistica.

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La prima parte del saggio offre una ricostruzione critica dell’impianto della Psicologia delle visioni del mondo di Jaspers. Qui l’autore analizza l’architettura dell’opera, il senso della successione dei suoi capitoli, con particolare attenzione ai concetti di «involucro» e «situazione-limite», di «amore» e personalità «demoniaca» o «demonica». La seconda parte affronta il problema della storia e della storicità a partire dalla Psicologia delle visioni del mondo e con riferimento anche ad opere successive come La situazione spirituale del tempo (1931) e Senso e significato della storia (1949). La concezione della storia di Jaspers è esistenzialistica e decisamente antistoricistica, come appare nella trattazione discontinuistica dell’«attimo», che Jaspers contrappone all’inerte continuismo della storia universale. Tuttavia, nello Jaspers successivo alla Psicologia delle visioni del mondo emerge sempre più un interesse non esclusivamente strumentale e casistico per la storia. In tale direzione si muove il concetto di «età assiale» e lo spiccato interesse verso la preistoria, che collega l’indagine di Jaspers con quella di Alfred Weber e di Spengler (comune interesse verso il carro da combattimento e i popoli a cavallo).

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Questo contributo è volto a mettere in evidenza, ad articolare e a sviluppare, alla luce delle acquisizioni successive della psicopatologia fenomenologica, la profonda e del tutto originale intuizione di Karl Jaspers relativa alla questione del nichilismo delle psicosi. Per comprendere e relazionarsi con le persone con psicosi e alla luce delle successive concettualizzazioni di Jaspers, è evidente che la sua intuizione riguardo al nichilismo assoluto della psicosi è centrale nella psicopatologia. Oggi possiamo parlare di un nichilismo ontico, esistenziale, reale, mondano per quanto riguarda la malinconia, mentre d’altra parte possiamo parlare di un nichilismo ontologico e trascendentale, che mina tragicamente la struttura fondamentale di Dasein, per quanto riguarda la schizofrenia. Alla fine, entrambe le malattie mentali tendono ad esprimere l’inevitabile necessità che tutti gli esseri umani devono mettere radici in un passato perduto (e che, proprio per questo, non passa mai) o in un futuro (che non accade mai). Ciò è particolarmente vero quando la relazione con gli altri non si basa più sull’evidenza del senso comune.

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Nella Psicologia delle visioni del mondo Jaspers attribuisce grande rilevanza alla figura di Nietzsche che diviene il filosofo capace di guardare alla singolarità e alla dialettica di ogni concreta esistenza soggettiva. Il saggio intende sostenere che nel lavoro del 1919 Jaspers comincia a valorizzare un nuovo modo di pensare l’individualità, con il suo potenziale epistemologico ed etico, che darà rapidamente forma alla riflessione filosofica ed esistenziale. E questa trasformazione avviene in gran parte nel confronto con la personalità di Friedrich Nietzsche, che più tardi diviene addirittura una “esemplarità”.

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Il presente contributo indaga alcuni dei principali passaggi dei cosiddetti “Schwarze Hefte” in cui M. Heidegger si esprime ancora una volta in modo critico, attraverso l’impostazione del proprio pensiero meta-metafisico, nei confronti della mera filosofizzazione esistenzialista di K. Jaspers, filosofizzazione particolarmente orientata in modo antropologico e psicologico-weltanschaulich. La critica di Heidegger si concentra principalmente sul fatto che Jaspers lavora con un concetto psicologico-vitalistico-esistenzialista filosoficamente ingenuo di “visione del mondo” che non riesce a tematizzare e a mostrare adeguatamente il silenzioso senso storico-epocale del suo peculiare sfondo metafisico moderno, che è poi quello dell’apparizione della irreversibile dissoluzione nichilista (scomparsa) del Mondo, cioè dello stesso Ek-sistenz (e quindi della stessa Temporalità), in una mera rappresentazione calcolatrice, in storicizzazione e storiografia, in una messa in forma tecnico-storiografica, cioè in immagine, in “Weltbild”.

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In Philosophie als strenge Wissenschaft Husserl critica la Weltanschauungsphilosophie, uno stile filosofico che egli associa a Dilthey. Collegandolo allo storicismo come modo di filosofare che facilita il relativismo e lo scetticismo, Husserl contrappone la Weltanschauungsphilosophie alla fenomenologia come scienza assoluta delle essenze pure. Nel fare ciò, egli presenta la fenomenologia come una fonte di risorse filosofiche per il superamento della Weltanschauungsphilosophie e per trascendere le stesse Weltanschauungen. Sulla questione della validità della critica di Husserl a Dilthey, questa interpretazione della sua fenomenologia sembra suggerire una fondamentale opposizione tra il modo di fare filosofia di Husserl e quello di Jaspers, la cui Psychologie der Weltanschauungen può essere intesa come un saggio finalizzato a comprendere come e perché le persone, compresi alcuni filosofi, adottano le loro Weltanschauungen. D’altra parte, Stein afferma non solo che Husserl ha una sua Weltanschauung ma anche che il suo idealismo trascendentale fondamentale non è una posizione che può giustificare filosoficamente, ma piuttosto un’espressione della sua stessa Weltanschauung. In questo lavoro, sostengo che le osservazioni di Stein sono degne di un’attenta analisi in quanto vi sono prove chiare e convincenti che Husserl ha effettivamente una Weltanschauung e che questa emerge dalla sua fenomenologia. Baso la mia argomentazione sui testi pubblicati precedentemente presenti nel volume XLII dell’Husserliana: Grenzprobleme der Phänomenologie. Questo approccio, che tocca anche la critica di Heidegger nei confronti di Jaspers, suggerisce che la questione relativa al rapporto tra la fenomenologia della Weltanschauungen di Husserl e la psicologia di Weltanschauungen di Jaspers dovrebbe essere riaperta.

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Questo contributo si concentra sulla nozione jaspersiana di filosofia. Al centro della mia analisi si trova la transizione della sua “psicologia della comprensione” ‒ il nucleo metodico della sua Psicologia delle visioni del mondo ‒ al cosiddetto “Existenzerhellung”, che rappresenta il successivo sviluppo concettuale del suo approccio esistenzialista. La mia ipotesi è che la Psicologia delle visioni del mondo non solo preveda teoremi, nozioni e considerazioni di base del suo pensiero successivo, ma che l’intera filosofia di Jaspers abbia la sua origine in un interesse psicologico di rilievo storico-culturale.

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Il concetto esistenziale di morte di Karl Jaspers è incentrato sulla nozione di situazioni-limite che è una parte essenziale della sua filosofia dell’esistenza. Per lui, le situazioni-limite sono condizioni inevitabili dell’esistenza umana, ma fa una distinzione tra una situazione e una situazione-limite. Si possono sperimentare situazioni-limite quando la propria vita è sconvolta da alcune circostanze estreme che non si possono padroneggiare. Queste situazioni-limite sono storicamente definite e uniche. Jaspers sottolinea che non possono essere interamente colte o penetrate dall’individuo e non possono essere risolte oggettivamente. Quelle che Jaspers chiama “specifiche situazioni-limite” sono la lotta, la sofferenza, la colpa e la morte. Queste situazioni sono significative in quanto consentono all’individuo, in condizioni estreme, di raggiungere la vera identità personale, vale a dire la Existenz. Secondo Jaspers, il raggiungimento del vero sé interiore è possibile solo in situazioni-limite o di comunicazione esistenziale. Le analisi originali di Jaspers sulle situazioni-limite si trovano nella sua Psychologie der Weltanschauungen. Più tardi, nella sua Filosofia, svilupperà ulteriormente il suo concetto di situazioni-limite senza però grandi cambiamenti. L’esperienza esistenziale delle situazioni-limite sarà esaminata qui con riferimento ad entrambi i libri.

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Lo scopo di questo lavoro è di studiare le modalità e la misura della presenza kantiana all’interno di Die Psychologie der Weltanschauungen. A tal fine sarà quindi necessario innanzitutto determinare cosa sia una Weltanschauung nella prospettiva jaspersiana, quindi riflettere sulle motivazioni che spingono Jaspers ad adottare un approccio kantiano su questo tema e, infine, si tenterà di indagare se e in che termini questo approccio non possa essere considerato a sua volta una Weltanschauung implicita o nascosta. Infine, ammettendo la presenza di una Weltanschauung implicita nell’approccio jaspersiano, sarà decisivo capire se questa Weltanschauung implicita sia stata anche adottata consapevolmente da Jaspers e, in tal caso, per quale motivo.

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Il presente saggio intende porre in rilievo alcuni temi kantiani che ricorrono nel pensiero di Jaspers. Il dialogo tra Jaspers e Kant si instaura a partire dalla Psicologia delle visioni del mondo, in cui Jaspers riflette sulla dottrina delle idee. Dal punto di vista di Jaspers, Kant è il primo filosofo che ragiona attorno alla radicale dicotomia tra soggetto e oggetto. Dunque, l’idea agisce, nel soggetto, come una forza psichica che tende verso l’unità onnicomprensiva. Ma, questo sforzo è destinato a rimanere incompiuto. Il fallimento dell’idea mette in luce la struttura antinomica della vita. Il processo vitale è un movimento dialettico tra tendenze opposte: da un lato, vi è la creazione di nuove forme oggettive; dall’altro, vi è la dissoluzione delle stesse. La distruzione evita la stagnazione del dinamismo e la morte dell’idea. L’influenza di Kant sulla filosofia jaspersiana è ancora più evidente in Filosofia, in cui il metodo trascendentale diviene il metodo della trascendenza. Le categorie sono ora funzioni al servizio della trascendenza, di cui il soggetto dispone per oltrepassare l’oggettività. Jaspers assegna alla ragione, e non all’intelletto, il compito di relativizzare. Egli, infatti, rilegge in chiave esistenziale la distinzione kantiana tra intelletto e ragione. In Ragione ed esistenza, Jaspers teorizza un concetto di ragione, ancora ispirato al modello kantiano, ma individualizzato e storicizzato.

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A partire dall’analisi della dimensione asintotica della malattia mentale e dalla natura ambivalente delle Weltaschauungen e dei Gehäuse, il presente contributo indaga il significato psicologico-esistenziale e il ruolo che in Psicologia delle visioni del mondo (1919) Karl Jaspers attribuisce al negativum psicologico, quale non solo abisso della incomprimibile insecuritas esistenziale (Abgrund) e della criticità nichilistica, ma anche come apertura a un essenziale e non convenzionale orizzonte di senso.

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E. Cioran, Introduzione a Recensione a Psicologia delle visioni del mondo (Mattia Luigi Pozzi)

Karl Jaspers, Psicologia delle visioni del mondo (Emil Cioran)

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